Kapitan Volkonogov bezhal - Captain Volkonogov Escaped - Капитан Волконогов бежал
Kapitan Volkonogov bezhal - Captain Volkonogov Escaped - Капитан Волконогов бежал
Regista: Natasha Merkulova e Aleksey Chupov
Cast: Yuriy Borisov, Timofey Tribuntsev, Aleksandr Yatsenko, Nikita Kukushkin, Vladimir Epifantsev, Anastasiya Ukolova, Natalya Kudryashova, Dmitriy Podnozov, Viktoriya Tolstoganova, Yuriy Kuznetsov, Igor Savochkin, Maxim Stoyanov, Polina Vitorgan, Vitaliya Kornienko, Nikolay Shrayber, Zoya Kaydanovskaya
Provenienza: Russia, Francia, Estonia
Anno 2021
Autore recensione: Roberto Matteucci
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“Dì solo ti perdono.”
Gli esseri umani sono deboli, orientati a commettere del male. Alcuni hanno anche perpetrato spregevoli efferatezze. Arriva sempre il giorno nel quale si prende coscienza e si comincia un percorso di pentimento.
A chi ci si deve rivolgere per redimersi? A Dio secondo San Pietro:
“Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù.” (At 3, 19-20)
Ciò deve avvenire con la collaborazione del penitente, il quale deve essere realmente pentito. Il Monaco cristiano orientale Isacco di Siro riconosce nel pentimento, nella prostrazione, addirittura un valore più importante del miracolo della resurrezione di un morto. Nulla è più bello di pentirsi:
“Colui che conosce i propri peccati è più grande di colui che con la preghiera risuscita un morto… Colui che per un’ora piange su se stesso è più grande di colui che ammaestra l’universo intero. Colui che conosce la propria debolezza è più grande di colui che vede gli Angeli.” (1)
È molto semplice, ci si pente e si attende il perdono di Dio, è suo il perdono, di nessun altro.
Ma pentirsi in Russia non è facile. Raskol'nikov (il protagonista di Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij) prende coscienza di aver compiuto un assassinio spietato e altresì per futili motivi perché non ruberà nulla . Entra in trance, è malato, è prostrato, ha la febbre, è debilitato ma non è pentito. Uccidere una strozzina disgustosa non lo spinge a redimersi:
“E se almeno la sorte gli avesse concesso il pentimento, un pentimento cocente, di quelli che spezzano il cuore, che scacciano il sonno, un tale pentimento che, con i suoi terribili tormenti, portasse a bramare il cappio o l'acqua dello stagno! Oh, come se ne sarebbe rallegrato! Torture e lacrime sono anch'esse vita. Ma egli non si era pentito del proprio delitto.” (2)
Il viaggio di Raskol'nikov è ancora lungo, Dio, per ora, non può perdonarlo e la giustizia terrena ha solo avuto pietà per “uno stato di temporanea follia”. (2)
Nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il Capitano Volkonogov, ufficiale dell'esercito con il compito di torturare e uccidere innocenti, sceglie un'altra soluzione. Chiede il perdono agli uomini, nella fattispecie direttamente alle vittime. Poiché sono morti, deve domandarla ai loro parenti. Il Capitano Volkonogov non si rivolge a Dio, non è interessato alla sua assoluzione, ma a quella degli uomini. Per ottenerlo avvia un interminabile calvario.
Il Capitano Volkonogov è il protagonista del film russo Kapitan Volkonogov bezhal - Captain Volkonogov Escaped - Капитан Волконогов бежал dei registi Natasha Merkulova e Aleksey Chupov, presentato alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Negli anni trenta, in Unione Sovietica fu scatenata una feroce repressione, ogni dissenso fu eliminato. Presto sarà in un massacro indiscriminato, senza alcuna ragione. Un sadismo incomprensibile si impossesserà delle forze di sicurezza. Il Grande Terrore eliminò politici, membri del partito e collaboratori di Stalin, compresi alcuni suoi familiari, dirigenti, intellettuali, minoranze etniche, ufficiali e soldati, diplomatici, ma perfino normali cittadini come contadini e operai: “
“... in quei due anni furono giustiziate 681.692 persone, ma il numero complessivo delle vittime potrebbe aggirarsi intorno al milione e mezzo, tra cui moltissimi ufficiali dell'Armata rossa.” (3)
I processi, le finte confessioni furono carpite con sevizie, maltrattamenti e colpirono anche le famiglie:
“Il terrore fu un fenomeno capriccioso, diabolicamente crudele, imprevedibile e distruttivo come l'opričnina di Ivan il Terribile, zar che Stalin, molto interessato alla storia russa, ammirò e prese a modello.” (3)
Il paese era pieno di spie, di diffidenza, tutti pronti ad accusare chicchessia, sia per motivi politici, sia per motivi personali. Era una spirale senza fine e i torturatori divennero torturati.
Il Capitano Volkonogov è un ufficiale delle forze speciali. È un torturatore insieme ai suoi compagni. L'inizio del film è un schermo nero, nel quale appaiono dei ragazzi. Stanno giocando a pallavolo. Campo medio, dentro un vecchio palazzo aristocratico, il pallone finisce in un lampadario grandissimo. I giocatori sono tutti soldati. Belli, muscolosi, aitanti. Compiono gesti atletici notevoli, sono un reparto attivo. Giocano fra di loro, lottano. La camera è vicino agli attori. Nell'edificio vivono numerose famiglie, tutt'insieme per la carenza di abitazioni.
Sembra un ambiente tranquillo, le truppe speciali sono la componente più influente in quel momento. Ma qualcosa accade, il dubbio si aggira nella caserma. Un maggiore si getta dalla finestra. Il maggiore comandava e lavorava con Volkonogov. Il capitano Volkonogov diviene un sospetto. Da torturatore potrebbe trasformarsi in torturato. Gli subentra la consapevolezza dei delitti commessi, l'orrore dell'inferno e vuole redimersi. Negli uffici, ruba un fascicolo con i nomi dei morti e fugge braccato da tutti i soldati, vogliono arrestarlo. Vuole contattare le famiglia delle vittime per avere il loro perdono: “Devo ottenere il perdono” “Voglio andare in Paradiso”.
I temi sono quello psicologico e religioso del rimorso e della redenzione. Inoltre, c'è quello politico del comunismo e del periodo stalinista. La libera scelta, le responsabilità morali, sono gli altri argomenti.
I registi spiegano alcune tematiche. Volkonogov ha l'angoscia dell'inferno. Il capitano ha una forte religiosità, dimentica le paure terrene per avere conforto nell'aldilà:
“Natasha Merkulova: Volkonogov goes through several stages in terms of his relationship to redemption. At first, he's just afraid that when he dies, he will go to hell where he will be slowly disemboweled. At that point he isn't genuinely atoning for his sins – he is motivated by his survival instinct; he wants to escape eternal suffering. But as he communicates with the people whose forgiveness he seeks, our hero realizes that life cannot always be reduced to the opposition of pain or no pain. In this way, Volkonogov starts off from the selfish motivation of simply trying to save himself, but as he runs, he grows into a person capable of feeling someone else's pain and truly repenting.” (4)
Il film è una continua corsa affannosa. Si svolge nei palazzi, nelle strade, nei vicoli, nelle fabbriche abbandonate. Volkonogov corre per fuggire dall'inferno e per riuscirci deve avere a tutti costi il perdono. Incontra i dolori delle famiglie, anch'esse colpite dal Grande Terrore. Il suo calvario è nella difficoltà di avere il loro perdono. Tutti lo scacciano.
Il peccatore compie il peccato per libera scelta. Dopo i suoi atti crudeli, con il pentimento può ritornare la bontà d'animo:
“We really believe that everyone is born good,” adds Chupov. “Everyone is born with a soul and some just let it ‘sleep’ for a while. But it can always wake up, like in this case. You can spot that ‘Russian fairytale’ code because our movie is really a parable, albeit based on some sad historical events that took place in our country.” (4)
L'anima del capitano si sveglia, ma il cammino è doloroso e faticoso. Deve ricordare ogni sevizia, ogni morto, ogni infamia detta.
Il film ha una storicizzazione scrupolosa ma non una ricostruzione precisa. Il comunismo ha realizzato sanguinosi crimini segnando una popolazione. Però, tortura, sterminio di minoranze e di gruppi etnici non appartengono solo a Stalin ma sono diffuse nel mondo:
“Russian history forms a base here; it’s our history and we know it best. But we are also addressing people in different countries because torture still exists, even though it’s really hard to believe. If someone watches our movie, and later on decides not to hurt another person, then it will serve its purpose,” says Chupov, with Merkulova admitting that originally, the story was much more brutal.” (4)
La tortura non è un prodotto esclusiva della Russia ma dell'uomo.
Il Capitano Fyodor Volkonogov ha paura. Ha il timore di una giustizia divina inflessibile, ha l'ossessione di finire all'inferno. Ha un affanno interiore. I registi parlano di due tipologie di paure:
“... all our movies are based usually are based on our personal fears this particular story is based on two particular fears, first fear is the fear to become a victim of the torture and the second fear is to become a torture by yourself sometimes the border is too thin, sometimes you just don't notice when you cross it and that's a big danger.” (5)
Le paure di Volkonogov sono le stesse degli autori. L'uomo teme di essere torturato, per questo Fyodor scappa. D'altronde non vuole neppure torturare se stesso. Prima ha torturato e adesso sta, nella sua folle ricerca dei familiari, infliggendosi una punizione. È un tormento infinito per Volkonogov nonostante la sua fuga vigorosa.
Volkonogov soffre di algolagnia. Il sadismo nel torturare si tramuterà in masochismo. Si fa picchiare, accetta insulti e mortificazioni dai parenti. È autodistruttivo, il suo cammino avrà un unico risultato: il martirio. E, il martirio è ritardato solamente per la sua fortezza. È robusto, taurino, ha un portamento sportivo, sensuale. La sua forza è moderata dalla sua ieraticità sia con se stesso, sia con le vittime.
La storia parte dalla fuga. Da quell'istante, la velocità non avrà cedimenti. Una tecnica spiegata dai Natasha Merkulova:
“We wanted the film to have the energy of an arrow in flight, with all of the action compressed into a very short timeframe. As a framework for the drama, we liked the idea that our hero has just 24 hours to solve his problem, no more. 24 hours – is that a lot or a little? Volkonogov manages to live out an entire life in that time. These kinds of genre tropes became necessary for us to tell the story of a person undergoing a complex metamorphosis. They allow us to keep our arrow in the air throughout the whole film.” (4)
Il film è una freccia. È stata scagliata e ora mantiene una rapida accelerazione fino a raggiungere il bersaglio. Ma le frecce non compiono distanze lunghe, così Volkonogov ha una durata. Ha ventiquattro ore – il tempo della narrazione – per evitare la caccia dei commilitoni e trovare il perdono.
I particolari dei misfatti del capitano si scoprono con dei flashback esplicativi. La tecnica è raccontata da Aleksey Chupov:
“Aleksey Chupov: We didn't want the flashbacks in the film to come across as the main character's memories. We set ourselves the task of making his past just a part of the story. We didn't want the viewer to be alerted to the transition, as in: 'attention, we're now heading into the past', or, 'attention, we've returned to the present'.” (4)
I flashback non sono distinguibili, sono inseriti nel tracciato filmico senza una esatta distinzione. È la memoria del protagonista, si confonde con il presente, la sua esistenza ha lo slancio di una freccia.
I flaskback indistinguibili sono il suo passato. Il suo conflitto è avere il perdono, l'antagonista è il maggiore a capo dell'inseguimento, e soprattutto la sua coscienza.
La pellicola ha una valenza storica, ma non una scenografia altrettanto rigorosa. Serve per ribadire il concetto internazionale degli avvenimenti, hanno scelto la Russia ma avrebbero potuto ambientarla sia nella Germania nazista, sia nella Cambogia di Pol Pot, sia nell'Argentina dei militari.
Il capitano non si salverà, il pubblico lo ha compreso da subito. Perciò la tensione si sofferma sulla possibilità di avere il perdono. Una tensione stimolante, con sorprese e una sintonia nella fuga. L'inseguimento è accurato ma Volkonogov deve stare attento sia di non farsi imprigionare, sia di ottenere il suo obiettivo. È lo schema della trama: la corsa, i diversi colloqui con i parenti, le diverse situazioni pericolose intervallate da fughe rocambolesche e ormonalI per l'esaltazione fisica del capitano.
Il film ha una abbondanza di scene significative. Alcune hanno una dimensione cromatica, prevalentemente rossa, come la sequenza del ballo, oppure quella metaforica come l'uscita dalla fossa comune.
C'è la scena della spiegazione delle cause delle stragi: sopprimere un membro della minoranza è un'azione preventiva perché in caso d'invasione essi appoggerebbero gli invasori.
Il ritmo è contrassegnato dagli incontri con i parenti. Sono tutti confronti edificanti e rappresentano la varietà umana. Una figlia vive nell'obitorio, ha perso la casa. Un padre non crede nell'innocenza del figlio e lo denuncia. Una donna è nuda. Una moglie è arrestare per una stupida barzelletta.
La paura degli uomini è enorme, inoltre il maggiore – comandante degli inseguitori – è segnato dalla malattia e sta per morire. C'è efficenza nelle fucilazioni, con un boia professionale e innovativo, non si devono sprecare pallottole. Le esecuzioni sono continue e bisogna organizzare una vera catena di montaggio della morte.
C'è persino un tono ironico.
“Abbiamo ucciso tutti non c'è più nessuno che lavora” è la tragica realtà all'interno della caserma. Non hanno agenti per inseguire il capitano, sono stati quasi tutti rimossi. Le conseguenze si ripercuoteranno fortemente qualche anno dopo con l'occupazione tedesca. L'epurazione ha decimato le forze armate e le persone valide. L'iniziale resistenza sarà debole e inefficace. Le carneficine di militari e civili, negli assedi di Stalingrado e di San Pietroburgo, hanno origine dal Grande Terrore.
C'è una drammatica ironia nella qualità delle sevizie: “L'avevo torturato meglio dei fascisti”. Si riferiva a un combattente repubblicano della guerra civile spagnola. Era stato catturato e torturato dai fascisti ma non aveva confessato. Invece, per i maltrattamenti di disumani agenti sovietici, cederà.
La camera è incessantemente sul capitano, preferendo il campo medio per valorizzare la postura atletica. Velocità, corsa, polvere sono come un inferno. Volkonogov potrà andare in paradiso aiutando una donna morente.
Anna Maria Cànopi, alzati va' a Ninive, Edizioni Paoline, Milano, 2006
Fëdor Dostoevskij , Delitto e castigo, Oscar Mondadori, Milano, I edizione gennaio 2012
Roger Bartlett, Storia della Russia, Oscar Mondadori, Milano, I edizione ottobre 2007
https://variety.com/2021/film/global/captain-volkonogov-escaped-venice-1235061209/